Quando mi chiedono se nella mia vita abbia subito o meno atti di bullismo per il mio essere omosessuale, resto sempre un po’ perplesso e non perché reputi la domanda indiscreta oppure impropria, ma perché a quella domanda, ogni volta, mi si aprono ferite forse mai chiuse. I miei pensieri vanno in lontananza, laddove ha inizio la mia consapevolezza legata ai ricordi e non posso fare a meno di rammentare che gli atti peggiori di bullismo li abbia subìti proprio a Scuola, nella Scuola pubblica dove, da precario, oggi insegno ed ho la fortuna di avere un punto di osservazione differente, quello posto “dietro la cattedra”.
Un punto di vista privilegiato perché mi permette di poter guardare ed osservare tutte e tutti gli allievi e le allieve, le dinamiche della classe, ma anche di ascoltare ciò che dicono o hanno dire gli allievi al di là della didattica. A volte è una questione di attenzione all’ascolto, spesso invece è una questione di propensione ad esso, ed in classe bisogna ascoltare e molto, soprattutto le “paroline” non dette ad alta voce, ascoltare ed osservare quei “gesti” fatti velocemente con le mani, perché i vigliacchi sanno essere furbi e veloci e non agiscono mai da soli, in classe si agisce in gruppo, l’omertà ed il silenzio sono atti di complicità. Certo sono tutti e tutte giovani, bulli bulle e non, e tutti hanno alle spalle un percorso familiare, culturale e sociale differente, ma la violenza ed il bullismo vanno sempre contrastati e mai giustificati, vanno compresi, capiti e “smontati” e per farlo non basta un solo docente ma tutta la comunità scolastica insieme alle famiglie. Essere omosessuale non mi rende più o meno sensibile alle tematiche del bullismo, aver subito bullismo invece sì, mi rende più attento e non solo verso il bullismo omofobico, ma verso tutte le forme di bullismo che sono tante e spesso si mescolano e si sovrappongono. Ero bullizzato perché portavo gli occhiali, perché ero grassottello, perché ero silenzioso, perché ero effemminato, ogni volta, per chi ne avesse avuto necessità, poteva “colpirmi” su una delle mie caratteristiche fisiche o personali, e non ho mai subito violenza fisica in classe ma solo verbale e psicologica, la peggiore per un bambino prima ed adolescente poi. Talvolta mi reputo un sopravvissuto, senza ironia o esagerazioni, perché sono riuscito laddove molte e molti adolescenti non riescono e decidono di farla finita, di togliersi la vita, di suicidarsi nei modi che conosciamo dalla cronaca sempre da soli, spesso nel chiuso delle loro stanze. Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia “sana”, accogliente verso le differenze sicuramente, ma da uomo del 1968 il percorso non è stato semplice perché i tabù c’erano ed in famiglia non si parlava di omosessualità perché, in realtà, era nella società che non se ne parlava. Una società fatta di strada, di salumiere, fruttivendolo, scuola, sport, cartelloni pubblicitari, televisione, teatro, cinema, pub, ristoranti, sanità, medico di base, specialisti, libri e tanto altro ed infine anche di politica, dove il mondo era etero-normato, tutto era etero, anche le pietre lo erano. Anzi, a dire il vero la società manco sapeva di essere eterosessuale o etero-normata, ma era giusto così, era “normale” che lo fosse perché l’omosessualità era considerata una malattia mentale e lo è stata fino al 1990 per cui se non c’era una contrapposizione era inutile sottolineare anche l’eterosessualità, infatti non si parlava manco di essa; in quella società sono sopravvissuto, sono andato avanti da solo, da bambino, da adolescente, da giovane fino ai 26 anni.
Oggi è ancora così, in Italia almeno è ancora così, certo abbiamo fatto passi in avanti, ora le parole gay, omosessuale, transessuale, gender-fluid, ecc. non fanno più paura come prima, le pronunciamo, la parte economica della società ha capito che siamo un target da cui trarre profitti, in politica sono stati fatti dei passi in avanti soprattutto a livello regionale in Campania nel 2020 grazie alla legge contro l’omo-transfobia, a livello nazionale la legge sulle unioni civili anche se discriminatoria e non egualitaria, ma si continua a morire nell’indifferenza. Le violenze verbali e fisiche sono all’ordine del giorno, anche a scuola i fenomeni di bullismo omofobico sono in crescita ed a contrastarli solo pochi e poche eroi ed eroine tra docenti e dirigenti scolastici che in vari modi cercano di affrontare sia il fenomeno violento che la diffusione e la promozione di una cultura delle differenze che sia realmente inclusiva e non discriminatoria, che accolga tutte e tutti.
Questo ha portato la mia associazione i Ken APS ETS ONLUS e me, come referente scuola, alla ideazione e realizzazione di OMOVIES@SCHOOL primo Festival Internazionale di Cinema rivolto alle scuole ed ai giovani, che si propone come incubatore culturale per la promozione sia di opere filmiche realizzate dalle scuole secondarie di primo e secondo grado, sia per la promozione di opere filmiche realizzate da registi sulle tematiche del contrasto al bullismo omofobico, alle violenze di genere, per identità di genere ed orientamento sessuale. Un progetto già finanziato da MIUR e MIBACT in partenariato con I – LAND - Centro di Ricerca Interuniversitario, Università degli Studi di Catania, CFCC – Coordinamento Festival Cinematografici Campania, Scuola di Cinema di Napoli, FLY UP SCARL e ASSOCIAZIONE ARTUR – Adulti Responsabili per un Territorio Unito contro il Rischio. Un progetto nato per i tanti e tante giovani che non sono riusciti a sopravvivere alla violenza omofoba, un progetto dedicato a tutte e tutti quei giovani che ancora lottano per la loro affermazione nel mondo per ciò che sono e come sono, perché il bullismo è qualcosa che riguarda tutti e tutte nessuno escluso. Il bullismo omofobico viene perpetrato ai danni non solo di quei ragazzi e ragazze che hanno il coraggio di “essere” ed “esistere”, ma anche ai danni di tutti e tutte coloro che in qualche modo rappresentano una differenza intesa come omosessualità o ancor di più come “femminilità” sia essa negata o manifestata. Il pregiudizio è alla base di tutto ciò, puoi essere maschio e gentile ed etichettato come gay e quindi perseguibile, perché si dà per certo, sbagliando, che le persone gay siano amorevoli e gentili e che qualora lo siano, siccome essere gentili è (altro pregiudizio) un fattore femminile allora “devi essere” punito.
Essere gentili è e dovrebbe essere una prerogativa umana e non di genere, puoi essere vittima di bullismo omofobico perché “vesti bene” o perché “parli bene”, solo perché queste caratteristiche si credono essere prerogative dell’essere gay senza necessariamente esserlo e quindi passibile di bullismo e violenza. Tutto ciò va declinato anche al femminile, per cui una ragazza aggressiva, che veste con i pantaloni, che non si trucca, che gioca a calcio, che non rientra nei preconcetti di ciò che sia “femminile”, a prescindere se sia lesbica o meno, può essere vittima di bullismo omofobico. Un antico proverbio africano recita che” per crescere ed educare un bambino ci vuole un intero villaggio”, ecco perché è una questione di tutte e tutti, nessuno escluso.
Marco Maria Taglialatela




